Cosa sono le barriere architettoniche? Il legislatore fornisce una definizione “scientifica” del termine “BARRIERE ARCHITETTONICHE” qualificandole come qualunque elemento costruttivo e/o ostacoli fisici che creano disagio, impedisca, limita o rende difficoltosi gli spostamenti o la fruizione di servizi per quelle persone che hanno capacità motorie sensibilmente ridotte (persone diversamente abili, anziani) in forma temporanea e/o permanente; impedendo all’utente di fruire in piena sicurezza di tutta quella serie di funzioni attrezzature e servizi che lo spazio antropizzato dovrebbe garantire a tutte le categorie d’utenza.

Esempi classici di barriere architettonica: sono scalini, porte strette, pendenze eccessiva, spazi ridotti; esistono innumerevoli (dunque sono tanti gli elementi costruttivi possono essere classificabili come b.a.) casi di barriere meno evidenti, come parapetti “pieni” che impediscono la visibilità a una persona in carrozzina o di bassa statura; i balconi dei bar troppo alti e così via.

Con la legge 13/89 recante “Disposizioni per favorire il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati” il legislatore cercava di combattere e superare, il problema delle barriere architettoniche all’interno del condominio, ossia quelle opere che impediscono, rendendo difficoltosa o limitando la possibilità di movimento e la fruizione di spazi e servizi da parte di persone portatrici di handicap.

La normativa, al fine di favorire l’installazione di opere volte a rimuovere tali barriere, aveva introdotto con l’art. 2 seguenti commi:

  1. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all’articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all’articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e l’installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all’interno degli edifici privati, sono approvate dall’assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione,con le maggioranze previste dal secondo comma dell’articolo 1120 del codice civile – MAGGIORANZA DEGLI INTERVENUTI CHE RAPPRESENTI ALMENO 500 MILLESIMI ED IN SECONDA CONVOCAZIONE 1/3 degli intervenuti all’assemblea che rappresentassero almeno 334 millesimi.

Il vecchio art. 1120 c.c. “I condomini, con la maggioranza indicata dal quinto  comma dell’articolo 1136, possono disporre tutte le innovazioni dirette al  miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni”

Occorre notare che l’originario 1120 c.c. del 1942  regolava, in modo generico, solo le innovazioni (non indicava quale tipo di  opera doveva essere considerata come innovazione e non distingueva tra le innovazioni in base  alla finalità o scopo della stessa), ma,  soprattutto, il codice civile del  1942 non prevedeva nessuna norma in materia di cambio di destinazione d’uso dei  beni condominiali ricompresi nell’art. 1117 c.c. Diversa è la situazione dopo la riforma del 2012 del condominio.

  1. Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 1, i portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro primo del codice civile, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l’ampiezza delle porte d’accesso, al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garages.
  2. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile.

Tuttavia la riforma del condominio l. 220/2012 ha modificato in senso restrittivo l’art. 2 comma I della legge 13/89 prevenendo gli interventi finalizzati alla eliminazione delle barriere architettonica, un quorum deliberativo bloccato alla maggioranza prevista dall’art. 1136 II comma, così eliminando la maggioranza più favorevole che la stessa legge speciale aveva introdotto (quorum diversificato per le assemblee in prima ed in seconda convocazione, con le maggioranze di cui all’art. 1136 II e III comma c.c.”

La riforma del condominio del 2012 ha profondamente inciso  sulla questione distinguendo tra  “innovazioni” e “cambio di destinazione d’uso” dei beni. Infatti, il nuovo art.  1120 c.c. relativo alle innovazioni prevede che “I condomini, con la maggioranza  indicata dal quinto comma dell’articolo 1136 c.c.,  (cioè con un numero di  voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del  valore dell’edificio) possono disporre tutte le innovazioni dirette al  miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. I  condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell’articolo 1136,  (cioè con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti  e almeno la metà del valore dell’edificio) possono disporre le innovazioni  che, nel rispetto della normativa di settore, specificando in maniera pedissequa le innovazione al nuovo art. 1120 c.c.

Con la riforma del condominio con la legge 220/2012 la riforma ha alzato il QUORUM DELIBERATIVO necessario per l’abbattimento delle barriere architettoniche, creando una frenata su opere di estrema utilità sociale. Dunque, come detto la riforma del condominio per la realizzazione di opere volte al superamento delle barriere architettoniche ha deciso di elevare l’originario quorum deliberativo all’assemblea in seconda convocazione (un terzo) a quello attuale (metà), rendendo più difficoltosa l’effettiva tutela della mobilità dei portatori di handicap all’interno dell’edificio, pertanto, in aperta controtendenza con le recenti decisioni della giurisprudenza favorevoli all’applicazione del principio di solidarietà nei caseggiati.

In caso di diniego dell’assemblea condominiale il singolo condomino come può agire?

Merita di essere ricordato, però, che il diritto va applicato non solo sulla base delle specifiche disposizioni di ciascun settore, ma anche del coordinamento con le altre disposizioni legislative e con i principi dell’ordinamento. Difatti, le norme del codice civile stabiliscono che un solo condominio o un gruppo di condomini senza passare attraverso l’assemblea ed in caso di diniego della stessa, grazie all’art. 1102 c.c. consente a ciascun condomino di utilizzare le parti comuni per istallare – A SUE ESCLUSIVE SPESE – ascensori, servoscala ed altri apparecchi simili nella tromba delle scale -.

Facciamo un esempio: Si pensi al caso dell’ascensore inserito nella tromba delle scale che ne comporta il restringimento. La Suprema Corte ha avuto più volte modo di chiarire gli ambiti del pregiudizio, precisando che non può trovare tutela il mero maggior disagio e scomodità rispetto alle situazione precedente ma, comparando le esigenze tutelate dalle norme, riconosciute da principi costituzionali ossia la tutela della salute (32) e la funzione sociale della proprietà (42) e rivolte a rimuovere l’ostacolo della agevole accessibilità da parte di persone portatrici di handicap (tra le quali erano ricompresi anche gli anziani) alle proprie abitazioni, ha precisato che: “Nel conflitto tra le esigenze dei condomini disabili abitanti ad un piano alto, praticamente impossibilitati, in considerazione del loro stato fisico, a raggiungere la propria abitazione a piedi, e quelle degli altri partecipanti al condominio, per i quali il pregiudizio derivante dall’installazione di ascensore, si risolverebbe non già nella totale impossibilità di un ordinario uso della scala comune ma soltanto in disagio e scomodità derivanti dalla relativa restrizione e nella difficoltà di usi eccezionali della stessa, vanno privilegiate le prime, adottando una soluzione conforme ai principi costituzionali della tutela della salute (art. 32) e della funzione sociale della proprietà (art. 42), rimuovendo un grave ostacolo alla fruizione di un primario bene della vita, quello dell’abitazione, da parte di persone versanti in condizioni di minorazione fisica e riconoscendo la facoltà, agli stessi, di apportare a proprie spese una modifica alla cosa comune, sostanzialmente e nel complesso migliorativa, in quanto suscettibile di utilizzazione anche da parte degli altri condomini” (Cassazione Civile, sez. II, 14.02.2012 n. 2156”).

A tale pronuncia si è aggiunto la sentenza n. 14096/2012 della Corte di Cassazione con la quale afferma che l’installazione di un ascensore esterno, che avrebbe occupato una parte del cortile andandosi a trovare ad una distanza inferiore a 3 metri rispetto alle finestre di alcuni appartamenti, hanno stabilito che: “essendo un’opera finalizzata all’abbattimento delle barriere architettoniche nonché un mezzo necessario per garantirne l’abitabilità di un appartamento, poteva avvenire anche senza il rispetto delle distanze legali tra immobili”. Difatti, l’installazione dell’ascensore, può ritenersi indispensabile ai fini dell’accessibilità dell’edificio e della reale abitabilità dell’appartamento, in ossequio al principio di solidarietà condominiale.

Ci sono agevolazioni fiscali in materia di abbattimento di barriere architettoniche?

Assolutamente Si. I cittadini disabili o anziani possono usufruire di contributi e/o di agevolazioni fiscali inoltrando, attraverso l’amministratore di condominio, una richiesta al sindaco del Comune ove ubicato l’immobile, in carta bollata (entro il 1 marzo di ogni anno) per l’immobile nel quale risiede egli in modo abituale e per opere dedicate a rimuovere ostacoli alla sua mobilità. Il contributi può essere concesso per opere da realizzare su: a) parti comuni dell’edificio (es: rampa di scale), immobile o porzioni degli stessi in via esclusiva o in godimento al disabile (es: all’interno della sua abitazione). Il contributo può essere erogato per singola opera o un insieme di opere connesse funzionalmente, cioè per una serie di interventi volti a rimuovere barriere che generano ostacoli alla funzione (esempio: portone di ingresso troppo stretto scale che impediscono l’accesso al soggetto non deambulante ecc..). Rispetto agli edifici privati invece legge 13/1989 a stabilire le norme volte alla rimozione delle barriere architettoniche nelle abitazioni o negli spazi di proprietà condominiale, prevenendo altresì dei contributi a fondo perduro, concessi dalle Regioni tramite dei Comuni, su domanda dell’interessato, commisurati alla spesa sostenuta. Alcune Regioni, concedono ulteriori contributi, per l’abbattimento delle barriere, vi sono le agevolazioni fiscali tra cui l’IVA al 4% sui lavori di ristrutturazione e di abbattimento; l’IVA al 10% e le detrazioni al 50% per i lavori di ristrutturazione; la detrazione al 19% su alcuni lavori quali ad esempio le rampe.

Scriveteci il vostro caso, l’Avvocato Francesca Paola Quartararo sarà pronta a rispondere a qualunque perplessità o dubbio nella sezione contatti del sito web: www.avvocatoquartararo.eu

 

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